L’Altopiano dei Sette Comuni, noto anche come Altopiano di Asiago dal nome dell’omonimo centro abitato, è un vasto altopiano situato nelle Prealpi Vicentine fra le province di Vicenza e di Trento. L’altopiano è un ampio massiccio montuoso dalla forma pressoché quadrangolare che occupa una superficie di oltre 600 kmq, entro un intervallo altimetrico compreso fra gli 87 m e i 2.341 m s.l.m.. A ovest è delimitato dalla profonda Val d’Astico, a nord e a est dalla Valle del Brenta, e a sud dai pendii di alcune colline pedemontane dell’alta pianura vicentina. Il percorso che abbiamo affrontato si snoda lungo i pendii e gli ampi pianori delle vallate presenti nell’area settentrionale dell’omonimo altopiano. Il tracciato, sviluppato lungo diversi Sentieri CAI, mulattiere, strade sterrate e sentieri meno battuti, inizia e si conclude presso il paese di Gallio, passando per Castelloni di S. Marco, Cima della Caldiera, Monte Ortigara, Cima Dodici e Cima Portule.
TAPPA 1
(Gallio – Castelloni di San Marco)
Cinque amici, cinque zaini e tanta voglia di scoprire le bellezze di questo territorio: sono ingredienti essenziali per trascorrere un weekend speciale sulla via della storia della Grande Guerra.
Lungo il percorso che affronteremo non c’è una grande disponibilità idrica, qua e là sicuramente troveremo dei fontanili o sorgenti d’acqua potabile, ma di certo non avranno una portata idrica abbondante, quindi saremo obbligati a trasportare circa 2-3 litri di acqua a testa che di volta in volta recupereremo.
La lauta e goduriosa colazione carica le nostre membra che dovranno affrontare la lunga camminata di quest’oggi. Preparati di tutto punto per il weekend di trekking ci mettiamo in posa per scattare la fotografia di rito prima di iniziare il lungo cammino; obiettivo Castelloni di San Marco (quota 1.830 m).
Il cielo non è dei migliori, una leggera foschia grigiastra sovrasta le morbide montagne boscose dell’altipiano irraggiando il paesaggio con una fioca luminosità che appiattisce le verdi tonalità della vallata.

Lasciamo alle nostre spalle la casa di villeggiatura dei nostri amici per dirigerci verso Gallio. Dal centro del paese puntiamo a nord verso Contrà Costa per poi proseguire lungo il Sentiero CAI 850 con direzione Malga Fiara. Il primo tratto del sentiero si inerpica rapidamente lungo i pendii del Monte Ongara, pressoché costantemente sul costone, fino alla croce dell’omonimo monte; dapprima attraversiamo prati da sfalciati sui quali il fieno è stato raccolto e disposto per creare delle sinuose linee di soffice erba, per poi passare in un fitto bosco di abeti rossi che impregna le nostre narici con intense fragranze di resina e di corteccia.


Al limitare nord del bosco, raggiungiamo Croce di Ongara (1.527 m s.l.m.); una croce in metallo alta qualche decina di metri, accerchiata da un notevole apparato per le trasmissioni radio che sicuramente deprezza la meraviglia di quell’area.



Dopo una breve sosta riprendiamo il cammino lungo l’ampia strada sterrata che solca dolcemente i morbidi e flessuosi versanti del Monte Cucco. I pendii sono rivestiti con profumati pascoli floreali tinteggiati da numerose nuvolette dorate, intervallate qua e là da minute screziature violacee; il paradiso della macrofotografia. Fiumi di foto inondano la via, a ogni passo è impossibile non soffermarsi a immortalare queste minuscole meraviglie della natura. Le estese radure vengono sovente illuminate da un timido e cocente Sole che gioca a nascondino fra le grigiastre nuvole. I variopinti petali, a ogni bagliore, si infiammano regalandomi attimi di pura follia fotografica; un entusiasmante delirio artistico.

La via scivola sinuosamente sui prati degli alpeggi, dapprima presso Casara Ongara Davanti e successivamente per Casara Ongara di Dietro. Le brune alpine punteggiano le verdi praterie, beatamente e con silenziosa flemma si dedicano ai piaceri della vita bovina pascolando e ruminando pazientemente. Al passaggio del viaggiatore, scrutando con perplessità la figura in transito, riservano, per qualche secondo, vuote meditazioni arricchite da pensieri vacanti in una disabitata espressione facciale.
Passato il secondo alpeggio, sulla sinistra ai piedi del Monte Cimon, vi è il monumento che ricorda l’atterraggio con l’elicottero di Papa Giovanni Paolo II del 16 luglio 1988. Il vestigio è costituito da un altare in pietra e da tre bandiere alquanto sfilacciate e scolorite che oramai sono difficilmente riconoscibili, il tutto circoscritto da una staccionata in legno di fresca fattura.
Il tracciato si inoltra frettolosamente nella fitta boscaglia per poi discendere gradatamente fino a Casara Fiaretta, la fitta selva sporadicamente lascia spazio a qualche radura erbosa ingioiellata da sgargianti tinte che punteggiano il morbido manto smeraldino. Il paesaggio è magico, poeticamente idilliaco, uno scenario in cui la dirompente cupezza della muraglia di abeti si scontra con la fragrante dolcezza degli spiazzi erbosi.
Raggiungiamo Casara Fiaretta alle 11:15 per poi giungere alla Fontana degli Alpini presso la quale ci dedichiamo a una gustosa pausa. Assaporiamo un’adorabile slinzega di cavallo di incredibile bontà. Il quarto d’ora di sosta in compagnia del gusto valtellinese fugge frettolosamente, riempiamo le borracce scariche e ripartiamo in direzione Malga Fiara ove ci aspetterà un lauto pranzetto.

Il sentiero sale gradatamente lungo un dolce pendio erboso dominato in entrambe i lati dalla tetra boscaglia, oltre un ampio pianoro; qui è presente il bivio fra la traccia per Malga Fiara e Malga Bosco Secco. Da qui in avanti, fino al termine del Sentiero CAI 850, il bosco gioca scherzosamente con le radure, aree con rade conifere si avvicendano a tratti più fitti, gli spazi erbosi si insinuano nelle strette maglie dei rami strappando qua e là qualche scorcio di cielo. La mulattiera riprende il dominio della via, la traccia si addentra sempre più verso gli storici fronti di guerra regalandoci vedute indimenticabili su profonde trincee e angusti cunicoli scavati a mano nella roccia calcarea. La zona settentrionale dell’Altopiano dei Sette Comuni è costellata da un’infinità di siti che ricordano la Grande Guerra del ‘15/18, vi sono innumerevoli trincee e cunicoli che si diramano in ogni direzione come se l’altopiano fosse un groviera (o gruyère).
Raggiungiamo Malga Fiara dopo 4 ore abbondanti di cammino. In un vicino spiazzo erboso ci dedichiamo ai piaceri della gola con panini farciti con salame nostrano, speck di Asiago, mortadella e ovviamente non può mancare il formaggio dell’omonima località. Il tempo è variabile, il vento incessante che ci accompagna dalla Croce di Ongara è riuscito a liberare il Sole dalla morsa delle nubi, anche se queste restano in attesa di riconquistare l’agognata preda. La temperatura è gradevole, l’aria fresca smorza i cocenti raggi solari mentre un autostrada di formiche, indaffarate a trasportare ogni tipo di leccornia raccolta lungo il tragitto, si snoda fra i ciuffetti d’erba.
Dopo una pausa di un’oretta, ritemprati e carichi di energie, riprendiamo il cammino verso l’ultima tappa della giornata: Castelloni di San Marco. Alle nostre spalle lasciamo il sentiero per percorrere l’abbacinante strada sterrata che solca il bosco, ci obbliga a indossare gli occhiali da Sole, sembra di camminare sulla neve durante una limpida giornata col Sole a mezzodì. Il fresco venticello, che ci ha accompagnati nel corso della mattinata, si è dissolto; il riverbero sulla candida ghiaia e l’aria stagnante appesantiscono la piacevole camminata che, in teoria, era in nostra attesa sulla pianeggiate e sinuosa stradina. Lungo la via incontriamo numerosi cunicoli, cavità, antri e rifugi scavati nella parete rocciosa che costeggia la bianca lingua infuocata; assomigliano alle tane delle marmotte. Abbiamo ipotizzato il loro uso immaginando i militari intendi a ripararsi dalle intemperie o dalle cannonate, a proteggere le armi o le provviste, a curare i feriti o a cogliere di sorpresa il nemico in un’imboscata; supposizioni fantasiose che ci hanno permesso, seppur lontanamente, di assaporare il periodo storico che ha travolto milioni di persone.
Stremato più dal caldo che dalla camminata, presso il bivio in località Tiffgruba, il gruppo di viaggiatori si dedica a una meritatissima pausa per riprendere le energie. Quasi tutti i componenti dell’allegra brigata si riposano placidamente sul vellutato manto erboso della conca, eccetto il sottoscritto che, sfruttando i pochi minuti dedicati alla sosta, si trasforma in cecchino per immortalare una coppia di marmotte incuriosita e intimorita dalla presenza dei cinque sconosciuti. Non curante del tempo, mi sono deliziato a fotografare le due graziose compagne di relax.

Rilassati e soddisfatti riprendiamo la marcia. Il mio corpo avrebbe sicuramente gradito un breve riposo, ma non potevo perdere questa piacevole opportunità fotografica. A poca distanza, sotto la parete rocciosa del Roccolo Cattagno, vi sono i cunicoli utilizzati durante la guerra come postazione ospedaliera. Il percorso taglia per un breve tratto nella fitta boscaglia per poi scavalcare la strada sterrata per Malga Fossetta e, superata una modesta sella, discende lungo il pascolo della malga costeggiando un minuto laghetto incastonato ai margini dell’abetaia.

Lasciando sulla sinistra l’ampio alpeggio proseguiamo lungo il tracciato che dopo qualche saliscendi ci porta al bivio fra il Sentiero CAI 842 e CAI 845. Seguiamo il Sentiero CAI 845 sulla sinistra che si inerpica rapidamente verso i Castelloni di San Marco. Nell’ultimo tratto del percorso incrociamo una voragine stretta e angusta che sprofonda per qualche decina di metri nel ventre della montagna, vi sono presenti gli ultimi rimasugli di neve di un inverno oramai lontano.
Cotti a puntino, raggiungiamo il desiderato traguardo: Castelloni di San Marco.
Nei minuti precedenti al nostro arrivo il tempo è mutato senza indugio portando da nord gravi massicci temporaleschi che, seppur in lontananza, scagliano con irruenta violenza fulmini e saette lungo la Valsugana. Accompagnati dal rischio di prendere un acquazzone e con il buio alle porte, ci fiondiamo nel Labirinto dei Castelloni di San Marco alla ricerca di uno spiazzo che ci permetta di allestire un umile accampamento; è fondamentale trascorrere la notte al riparo dalla intemperie. I minuti passano e l’unica realtà, in procinto di concretizzarsi, è il temporale sempre più a ridosso sopra le nostre teste. In prossimità della parte terminale del dedalo di canaloni e cunicoli di roccia calcarea scavata dal carsismo, giungiamo in un modesto canyon, ampio abbastanza per accogliere due tende. In men che non si dica, inseguiti da un sempre più vicino scroscio, montiamo il campo per riparare le nostre attrezzature. Ovviamente, manco a farlo apposta, al termine dei preparativi il cielo muta radicalmente in un azzurro cristallino; un tiro mancino a tutti gli effetti…
Il Labirinto dei Castelloni di San Marco è uno spettacolo di rara bellezza che mai avrei pensato di vedere. È un labirinto naturale costituito da un massiccio roccioso scavato e modellato dagli agenti atmosferici che hanno creato dei solchi profondi nella roccia simili a crepacci di un ghiacciaio; il carsismo superficiale ha creato un’opera d’arte di inestimabile valore. Questo “castello” naturale è ricco in stanze a cielo aperto, larghi corridoi e passaggi stretti e scoscesi, pareti graffiate dalle intemperie e blocchi rocciosi sagomati dal tempo, profonde fenditure che si perdono nelle viscere della terra e gocciolanti cunicoli tenebrosi che si immergono flessuosamente nella grigia roccia calcarea.


Grazie al meticoloso lavoro del CAI è possibile seguire un percorso numerato che ripercorre per intero il fittissimo dedalo di canaloni e cunicoli in cui è possibile incontrare alcune postazioni militari della Prima Guerra Mondiale. Il tempo arcigno e la maestosità di questo luogo rendono l’atmosfera carica di un’energia indescrivibile, un’intensa emozione di ammirazione e rispetto, una sensazione di gioia e tristezza, di paura e serenità, di meraviglia e mostruosità; un turbinio di percezioni sensoriali che inebria la mente con poetiche sensazioni passionali.

La meritata cena ci attente in fumanti gavette. Mentre alcuni erano in esplorazione nei meandri di questo intricato mondo, altri hanno preparato l’agognato pasto. Il menù serale offre: calda e saporita zuppa imperiale adornata da cubettini di pane fatto in casa e sfrigolanti bocconcini di pollo rosolati in padella con olio extra vergine d’oliva e spruzzati con un pensiero di rosmarino.
Sazi e soddisfatti, affaticati e intirizziti, corichiamo le membra esauste nel caldo e scomodo giaciglio, fuori dalla tenda tutto giace immobile. Le massicce rocce solcate dalla pioggia e dal vento sovrastano la profonda gola del canyon osservando silenziosamente l’indifeso accampamento mentre il gruppo tuffa i propri pensieri in profondi sogni.